Introduzione alla estrazione in fase supercritica
La definizione di Fluido Supercritico (SCF) si riferisce a un fluido a basso peso molecolare che ha come caratteristica chimico-fisica una temperatura critica molto v1cma a quella ambiente (Temperatura critica tra 10°C e 40°C) e contemporaneamente una pressione critica relativamente bassa (Pressione critica tra 40 e 60 bar).
Gli idrocarburi leggeri hanno queste proprietà fisiche, ma sono
altamente infiammabili e inoltre tossici per cui il loro utilizzo è
fortemente sconsigliato se non da evitare del tutto nel settore
agro-alimentare.
In alternativa, i clorofluorocarburi (CFC) hanno dei
costi molto alti specie se è richiesto un elevato grado di purezza ed
inoltre comportano un elevato impatto ambientale che non ne consente un
utilizzo ampio.
L’anidride carbonica (C02), pur avendo una pressione critica leggermente maggiore (Pressione Critica di 72.1 bar) rispetto al valore massimo, offre altre vantaggiose proprietà che ne fanno il fluido più impiegato nelle applicazioni SC. L’anidride carbonica risulta essere:
- non infiammabile;
- a basso impatto ambientale;
- non tossica;
- a basso costo anche se utilizzata ad elevato grado di purezza.
La densità dei SCFs è modulabile con modeste variazioni di
temperatura e pressione, specialmente nell’intorno del punto critico
(PC), e spesso viene utilizzata la pressione
come variabile del processo di separazione e/o estrazione.
L’uso dei fluidi supercritici è prioritaria nei casi in cui
- sono modesti i volumi delle matrici da trattare, come spesso accade nel settore alimentare;
- vi è un elevato valore aggiunto dei prodotti trasformati;
- le sostanze termolabili altrimenti sarebbero alterate nei processi classici.
L’uso dei fluidi supercritici (SCFs) come “solventi” risale agli ultimi due decenni con una ampia applicazione nelle operazioni di estrazione (SFE Supercritical Fluid Extraction).
Il principale limite del loro utilizzo è rappresentato dagli costi elevati di start up dell’impianto, ma l’aumento del costo delle materie prime, della manodopera, delle risorse energetiche ha reso sempre più conveniente la loro applicazione.
I costi per la realizzazione di impianti dedicati e i costi di
esercizio risultano sicuramente minori se paragonati a quelli richiesti
dalle alte pressioni idrostatiche, perchè l’anidride carbonica raggiunge
la pressione critica a 74 bar che è un valore di esercizio
assolutamente compatibile con dei costi non eccessivi.
A questi vantaggi prima elencati occorre aggiungere la possibilità di potere operare con ridotti volumi e con processi di separazione del solvente dal prodotto estratto molto semplici ed economici.
Le prime applicazioni di carattere industriale dei fluidi
supercritici sono stati nel settore alimentare per la decaffeinizzazione
mentre oggi le applicazioni più comuni e convenienti trovano spazio
nell’industria farmaceutica.
L’impiego dei SCF nei processi
industriali è correlato a problematiche di purificazione, estrazione,
solubilizzazione e di supporto ad altre tecnologie.
Riassumendo le proprietà fondamentali dell’estrazione con fluidi supercritici (SFE,Supercritica! Fluid Extraction) sono:
- il loro potere solvente e la selettività del fluido impiegato nel processo;
- che il fluido impiegato è un gas non infiammabile e con basso impatto ambientale;
- di potersi considerare a tutti gli effetti una tecnologia “fredda” ;
- di potere modulare pressione e temperatura per ottimizzare estrazione e separazmne.
Estrazione in fase supercritica
L’estrazione condotta con fluidi in condizioni supercritiche è
alternativa ai sistemi classici di separazione (distillazione
frazionata, estrazione in corrente di vapore, estrazione con solventi o
il desorbimento termico, etc).
La SFE (Supercritica! Fluids
Extraction) si applica a sistemi su scala laboratoriale, analitica (da
poche centinaia di milligrammi sino a pochi grammi di campione) o
preparativa (qualche centinaio di grammi di campione), pilota (quantità
di matrice nell’ordine dei chilogrammi) fino a scala industriale che
tratta tonnellate di materiale grezzo come nel caso della
decaffeinizzazione del caffè.
L’estrazione di matrici complesse è
resa molto selettiva modificando pressione e la temperatura a cui si
opera, per adattarle alla solubilità dei diversi componenti di specifico
interesse. L’estrazione con la C02 è considerata innovativa
come tecnologia di estrazione specie dei componenti vegetali lipofili ed
è realizzata secondo protocolli estremamente rispettosi dell’ambente e
senza il rilascio di residui di sostanze solventi.
Dopo la fase di estrazione la pressione di esercizio è bruscamente ridotta per cui la C02 non ha forza solvente rilasciando le sostanze estratte, che si ritrovano allo stato puro e concentrato.
La
FDA definisce come GRAS (GRAS Generally Recognized As Safe/generalmente
riconosciuto come innocuo) questo processo. Le sostanze naturali,
inoltre, sono spesso poco stabili a temperature elevate, e richiedono
quindi di essere stoccate e trattate a temperature vicine a quella
ambiente: la C02 avendo una temperatura critica di 31°C, si rende
particolarmente adatta come solvente per le sostanze di origine
biologica e/o termolabili.
Le proteine, i carboidrati, i sali inorganici o i metalli non vengono in alcun modo co estratte dalla C02 .
Gli estratti ottenuti mediante la C02 sono microbiologicamente stabili,
non necessitano di conservazione e sono per natura praticamente
sterili.
A differenza dei procedimenti convenzionali, la selettività
dell’estrazione è specifica ed il metodo non comporta stress termico per
le sostanze trattate e non richiede l’impiego di solventi organici.
In alcuni casi particolari si rende necessario l’uso di co-solventi per estrarre sostanze poco affini alla C02
e l’utilizzo di un co-solvente trasforma l’anidride carbonica come
vettore anziché solvente principale, che trasporta il co-solvente nella
matrice sfruttando in questo modo i benefici dell’alta pressione.
Nel caso di estrazione di sostanze idrofile, la C02
allo stato supercritico trasporta il solvente (acqua ad alta pressione)
all’interno della matrice per solubilizzare i composti idrofili che
s’intende estrarre.
I trattamenti termici sono comuni per
pastorizzare e/o sterilizzare gli alimenti, ma spesso alterano le
caratteristiche organolettiche degli alimenti e possono distruggere
totalmente o in parte le molecole con qualche bioattività interessante.
Naturalmente il loro vantaggio principale è di eliminare completamente i microrganismi patogeni o essenzialmente quelli che causano alterazioni indesiderate che modificano le caratteristiche organolettiche e nutrizionali dei prodotti trattati.
I consumatori oggi richiedono sempre più spesso prodotti genuini aventi caratteristiche sensoriali e strutturali molto simili a quelle del prodotto d’origine, senza conservanti chimici e con una shelf-life prolungata.
L’anidride carbonica in fase supercritica dimostra possedere delle interessanti e notevoli doti antibatteriche inattivando molti microrganismi a temperature prossime a quella ambiente.